giovedì 9 ottobre 2014



Spesso l'Ipponate insisteva sulla distinzione tra cupiditas e charitas, si perchè in questa distinzione si gioca la "qualità" del nostro amore. Da quello egoistico dell'amore di sè, quello  tanto per capirsi del "peccatore" (il segmento che si riduce ad un punto); a quello della "donazione totale di sè" perchè si vede il Creatore tramite la creatura, quello del "santo" (il triangolo: Io, persona amata e Dio, come spesso usavano immaginarlo i monaci egiziani).
La felicità, fine ultimo dell'amore, è qualitativamente e quantitativamente in funzione della persona amata: se questa è finita, sarà limitata; se questa è infinita sarà illimitato.
Per ora siamo incapaci di amare sempre con amore vero, quindi siamo un pò peccatori e un pò santi, per la Speranza lo saremo un domani.




Una geometria dimenticata


Questa misteriosa forza
che ci spinge verso l’alterità
all’ansiosa ricerca della felicità.

Bussa alla porta di tutti
sia peccatori che santi.
Mostra un volto effimero
o volendo imperituro.

Quando incontra chi
vede solo la creatura
con gli occhi del corpo,
un segmento: la cupidigia.

Quando incontra chi
vede anche il Creatore
con gli occhi del cuore,
un triangolo: l’amore.




Orlando A. Cangià


Nessun commento:

Posta un commento