Mi rivolgo agli amici critici
che dividono con un colpo d’accetta in due famiglie i poeti: quella di coloro che scrivono in versi “controllati”,
e ritenuti perciò tali, e quelli che scrivono in versi “liberi” ritenuti “se
dicenti”, “poeti a richiesta”, “poeti a pagamento”, “poeti della rete” perché non
capaci di scrivere in metrica e “non potrebbe, come dicono loro, essere diversamente …” senza supporre che per
alcuni di essi tale forma possa essere il loro stile specifico.
Ho voluto citare, nel mio
caso, il giudizio “contro corrente” dell’amico Luigi Ruggeri, che di poesia un po’
se ne intende. Certo su 133 composizioni
da me scritte a tutt’oggi la maggior parte, ossia 107 sono a verso libero, ma
26 ( 1 ode, 7 sonetti e 18 haiku) sono a verso controllato a dimostrare che forse
io sappia anche usare la metrica, ma riesca meglio ad esprimermi diversamente
senza perciò scalfire la “sacralità” della poesia.