Chi sono

Orlando Amedeo Cangià
Orlando Amedeo Cangià nasce ad Alessandria d’Egitto il 14/11/1946 e vi risiede fino al 1962, frequentando le elementari e le medie presso le scuole italiane all’estero. Trasferitosi in Libano, vi risiede dal 1962 al 1968, frequentando prima il liceo italiano di Beirut per conseguire la maturità scientifica, e poi il Seminario Salesiano di El Houssoun per conseguire quella filosofica.

Durante questo periodo conosce un uomo straordinario, Ernesto Forti, che lo seguirà nell’apprendimento di varie discipline, letterarie e scientifiche, e gli trasmetterà la capacità di vibrare in sintonia con i versi dei poeti per poi esternare, in questo tanto misterioso quanto affascinante e coinvolgente linguaggio, le forze interiori ancora latenti.
Ritornato ad Alessandria nell’autunno del 1968, insegna elettrotecnica presso l’Istituto Professionale Italiano e poi ritorna definitivamente in Italia nel marzo del 1969.
Dopo aver frequentato il corso per Allievi Ufficiali di Complemento nel Corpo di Commissariato della Marina
Militare dal novembre 1969 al giugno 1970 presso
l’'Accademia Navale di Livorno, viene nominato Ufficiale e trasferito a La Spezia ad espletare gli obblighi di leva fino al loro termine nell’autunno del 1971.
Trasferitosi a Milano dopo essere stato assunto dalla Sit Siemens, divenuta poi Italtel quindi, ramo distaccato, Tecnosistemi, vi presta attività professionale dal 1972 al 2002, prima nell’amministrazione dei magazzini e poi nell’amministrazione delle vendite del radiomobile ai paesi del Medio Oriente.




Ricordi di un grande Maestro



Quando avevo letto sul Bollettino Salesiano della morte di Don Ernesto Forti mi ero commosso profondamente e questo per due motivi: è stato per me un grande Padre spirituale in qualità di maestro di noviziato ed un grande insegnante, caso più unico che raro, sia di discipline scientifiche che soprattutto di quelle letterarie.

Tra i tanti ricordi che sono rimasti impressi nella memoria ne racconterò solo due a testimonianza di questo grande e poliedrico uomo ma, come forse molti di voi sapranno, fisicamente tanto esile.

Un bel pomeriggio insieme al nostro "maestro" noi compagni di corso eravamo usciti dalla nostra casa di Dahr El Houssoun in direzione Kartaba per una delle solite gite "scientifiche", così le chiamavamo, perchè oltre ai benefici di una buona passeggiata all'aria aperta e di una buona merenda c'era anche quello di una lezione peripatetica di scienze naturali!

Don Forti ad un certo punto, avendo trovato un enorme trilobita fossile in un grande blocco di roccia, si era fermato incantato ad osservarlo ed esaminarlo tirando fuori dalla sua borsetta i "ferri del mestiere" di un buon paleontologo. Terminata l'analisi non riusciva a staccarsene perchè lo reputava un reperto troppo importante per la sua collezione da lasciarlo stare lì, ma come fare ad estrarlo?

Per merito del nostro compagno aleppino Abboud Gharghour che era tornato di corsa a casa a prendere una grossa mazza, si era potuto recuperare l'enorme fossile dopo tanto tempo, tanta fatica con l'inconveniente però di averlo spaccato in due parti. Solo la pazienza e l'abilità di Don Forti, una volta rientrato nel suo laboratorio, lo avevano riportato alla sua integrità e splendore originario!

Il secondo episodio si ambienta nella piccola aula dove si tenevano le lezioni del liceo che si trasformava in un prestigiosissimo palcoscenico quando Don Ernesto recitava la Divina Commedia trasfigurandosi in un'estasi che non poteva che trascinarci tutti in un ascolto e ad una partecipazione che in seguito non ho mai più riscontrato!

"Pape Satan, Pape Satan Aleppe!"

Tra le varie interpretazioni di questo primo ed enigmatico verso del VII canto dellInferno dantesco, lui preferiva quella secondo la quale il verso translitterava quanto ripetevano i commercianti arabi che passavano dalla Toscana:

"Babul Shaitan, Babul Shaitan Halab"

"La porta di satana (dell'inferno) la porta di satana è Aleppo"

Riferendosi al fatto che la città di Aleppo, essendo situata in una depressione e quindi più vicina al centro della terra, dove secondo antiche credenze era allocato l'inferno, ne costituiva la porta.

Qualche volta in questi ultimi anni ho sentito commentare la Divina Commedia anche da persone autorevoli e coinvolgenti, ma la declamazione del caro e compianto Don Ernesto Forti sono sicurio resterà insuperabile!



Le emozioni di un viaggio, ed un ritorno, non potevano che essere condivise con la sorella che più delle altre aveva vissuto le stesse esperienze.

 



Lettere alla sorella



Carissima Caterina,

 eccomi di ritorno dalla tanto attesa crociera che dal 13 al 24 novembre mi ha visto passeggero della M/N Lirica della MSC Crociere  Italiane. Non basterebbero alcuni giorni per commentare tutto il materiale fotografico e documentario raccolti durante il viaggio: mi limiterò agli avvenimenti più importanti riservandomi di approfondire il discorso quando ci vedremo di persona.

I momenti più emozionanti sono stati senza dubbio il rivedere Alessandria con la gita ad El Alamein, la cerimonia della commemorazione dei marinai caduti durante l’ultimo conflitto a Capo Matapan (davanti alle coste greche) e l’aver navigato per oltre 3.300 miglia nel Mediterraneo orientale: mare solcato più volte dalle navi su cui lavorava il nostro caro papà.

 

Erano le ore 6.00 del mattino del 17 novembre quando, non riuscendo più a dormire per l’agitazione, mi sono vestito e, macchina fotografica alla mano, mi sono portato sul 12° ponte quando con mia grande meraviglia vedevo già le luci dei mercantili ormeggiati in rada fuori dal porto. Sono seguiti momenti concitati di corse da prua a poppa, di fotografie del porto in avvicinamento al sorgere del sole, di osservazione di manovre varie (arrivo del pilota, più tardi della polizia …), di visuale del Max e di Minaa El Basal da una parte e del “cimitero delle navi” dall’altra, del Fanar (il faro) e la Capitaneria di porto, dell’Arsenale militare marittimo, del palazzo di Ras El Tin dal quale, come ricorderai, era stato mandato in esilio il re Faruk nel 1952. Ti dico solo che ho saltato la colazione per il blocco allo stomaco causato dall’emozione di rivedere certi luoghi dopo 34 anni!

Dopo l’attracco ho subito provato un senso di tristezza nel rivedere la stazione marittima, dalla quale eravamo rimpatriati nel lontano luglio 1962, logorata dal tempo e abitata solo da poliziotti taciturni armati di Kalasnicov; ho provato la stessa sensazione nell’attraversare la parte occidentale della città per dirigerci verso la provincia di Matruh.

Ad El Alamein si respira un’atmosfera satura di emozioni e di ricordi: è una località permeata da una quiete sovraumana che ha ormai preso il posto ad una tempesta di proporzioni apocalittiche! Al termine della santa Messa celebrata nel Sacrario da un frate minore sudanese della chiesa di santa Caterina cattedrale di Alessandria ho recitato, con un sasso del luogo in mano e che ho portato a casa come ricordo, i seguenti versi scritti dal Commendatore Martini del Gruppo Reduci dell’Africa Settentrionale che guidava la nostra delegazione al pellegrinaggio:

O Signore!

Bruciava quel sole, il vostro sole, o eroi!

Dalla torre, la vostra torre, scintillano ricordi

di un giorno infuocato a quota trentatre.

Ogni sasso di questa venerata vostra terra

Ci parla: ecco…questo; nel doloroso istante

Ha raccolto l’ultimo respiro

Di quale ardito, di quale fante?

Italo, tedesco, inglese?

Non importa: ora tutti dormono in pace.

Ora il sasso è mio: chi fu l’ignoto eroe

Lo sa soltanto Dio!

 

E’ seguita la consueta visita al fortino, denominato “Quota 33”, dove l’addetto militare dell’ambasciata italiana al Cairo, dal quale era partito per ricevere la nostra delegazione,  ci ha raccontato che la bandiera italiana issata sopra la torre è tradizionalmente quella della Marina Militare in quanto in origine era stata donata da un Comandante della M. M. di passaggio a Paolo Caccia Dominioni, che ne era sprovvisto, durante la sua pietosa opera di identificazione e sepoltura delle salme dei caduti.

 

L’altro momento del viaggio, che per me ha avuto una valenza fortemente emotiva, è stata la commemorazione di 62° Anniversario della battaglia navale di Capo Matapan celebrata alla presenza  del Comandante Silvio Cappuccio, accompagnato da altri Ufficiali e da alcuni membri del suo equipaggio, e di tanta gente.  

La cerimonia è iniziata con l’allocuzione del Generale degli Alpini in congedo Guglielmo De Mari, nostro compagno di pellegrinaggio, che, pur non essendo un marinaio, ha saputo sintetizzare gli avvenimenti del marzo 1941 con grande abilità e con toccanti parole: “… ed oggi siamo qua per commemorare questi incolpevoli giovani marinai, morti per servire la Patria e concludo con l’insegnamento che un giorno mi diede mio padre e che ogni buon padre di famiglia dovrebbe trasmettere ai propri figli. Mi disse: “ non pensare solo alla vita, se passi davanti ad un cimitero militare porta un fiore su quelle tombe, molti di quei giovani sono morti anche per la tua libertà.” L’altro giorno ad El Alamein abbiamo visto tante lapidi oggi non abbiamo avuto modo di vedere neppure quelle ma sappiamo che i nomi di quei marinai sono scritti nel profondo di questo mare che, come tutti i mari del mondo, rappresentano una delle pagine più belle che Dio ha dato da leggere dove si parla della vita, ma spesso anche della morte, come quella toccata a questi 2.303 marinai di Capo Matapan.”

E’ seguita da parte mia la recita della Preghiera del Marinaio e, accompagnata dalle note del “silenzio” la deposizione in mare di una corona in onore dei caduti. 

Il tutto non poteva terminare meglio che con l’Inno di Mameli, intonato a “furor di popolo”.

 

Che dirti del resto del viaggio? Limassol di Cipro è sempre carina con le sue belle coste percorse da noi in direzione di Paphos un pomeriggio caldo tra un sottofondo di musica greca ed i racconti mitologici della guida.

È stata molto positiva l’impressione suscitata dalla visita ad Antalia in Turchia: cittadina molto ben tenuta ornata di belle aiuole. Di grande interesse le visite a Side, denominata “la piccola Efeso” per la somiglianza alla sorella maggiore resa famosa dalla storia di san Paolo, e ad Aspendos sede dell’anfiteatro romano meglio conservato al mondo.

Rodi poi è un gioiello di storia (i Cavalieri di San Giovanni contro gli Ottomani) e di bellezze naturali: stupenda Lindos con il suo porticciolo, dove era giunto San Paolo, con i resti di una piccola chiesa di età paleocristiana e con un’acropoli greca che sovrasta la collina a picco su un mare di colori incantevoli!

È qui che ho fatto una pranzo a base di foglie d’uva ripiene, di musacà, di feta, di olive greche etc… talmente abbondante da non cenare più la sera a bordo.

Dopo Rodi siamo passati per La Valletta a Malta (dove ero stato questa estate con Mariagrazia) ed infine per Sorrento per poi chiudere la crociera a Genova.

Rimando i commenti sulla vita di bordo a quando ci vedremo: ti dico solo che abbiamo avuto un trattamento eccellente da parte di tutto il personale di bordo in primo luogo dal Comandante che ci ha invitati a visitare la plancia e la sala controllo macchine.

Concludo per il momento assicurandoti che è stata una esperienza indimenticabile e che vale la pena organizzare qualche viaggio insieme per riprovare certe emozioni!

 

Tanti bacioni e saluti da me e dai miei cari.

 

Tuo Orlando

 

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